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Sulla panca del Guerriero _ Il miglior undici

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di Emiliano Fabbri, “El Buitre”

No, non è la Dossenina.

Ma quelli di Assago vivono tutti al Forum? Ma veramente esiste il comune di Assago? Sono queste le domande che poniamo ai nostri ospiti di sabato. Noi che pensavamo che Assago corrispondesse esclusivamente ad un’uscita della tangenziale ovest di Milano per giungere all’apposito palazzetto che da anni contiene tutti gli eventi più importanti di Milano. Ma veniamo rinfrancati dal fatto che oltre a tutto questo è presente anche una comunità civica. Ed una società sportiva. L’Assago. Appunto. Il primo freddo stagionale blocca le gambe di noialtri bassaiola che, in pieno stile autostradale, sembriamo casellanti davanti agli avversari che, muniti di telepass, saltano una dietro l’altra tutte le barriere. E segnano. Nemmeno cinque minuti e l’Assago ci dimostra che, oltre a partecipare a concerti e partite di basket, sanno anche giocare a calcio.

Ma il tempo trascorso è ancora così poco che quasi non ci facciamo caso, come quando ti alzi dal letto il lunedì mattina e stai ancora così rincoglionito che per svegliarti, ma veramente, ti cominci a stirare e sbadigliare alla stregua di Jim Carrey in “The Mask”.

Allora finalmente ci svegliamo, veramente, e cominciamo a macinare gioco, decidendo di mettere all’angolo gli amici ovest-milanesi. E proprio dall’angolo più remoto della Dossenina parte dai piedi di Davide la palla che, inzuccata da Alessandro, va ad accasarsi in un altro angolo ben più felice per noi. Quello tra il palo interno e la rete avversaria. Parità. Ma ormai ci siamo destati, ed il caffé del pareggio ci ha dato la sferzata per affrontare il resto della partita. E visto che le palle alte ci riescono bene ci riproviamo. Cambia l’angolazione ed il finalizzatore, ma per il resto la musica è la stessa. Davidepennella una traiettoria che il capoccione di Marco schiaccia dentro lo stesso angolo. Bis. Sembra quasi naturale crossare in area e colpire di testa. Ci prendiamo gusto. Così che, quando l’arbitro ci fischia un rigore a favore all’ultimo minuto del primo tempo, ci pare quasi un insulto segnare di piede. O almeno così pensa Davide “El Coco” Pini. Sto piede po esse fero e po esse piuma: prima è stato piuma, mo è stato fero. Da stiro. Da quello stesso piede derecho che ha pennellato due assist due, esce una randellata scomposta che oltraggia il prato della Dossenina, ma non il portiere assaghese che, per la prima volta copre quel benedetto angolo. E devia. In angolo. Il penalty era nato per un fallo su CapitanAmbro il quale, con un taglio dall’ala, era entrato in area e, dopo aver superato il portiere, quest’ultimo lo ha steso con una tenaglia incrociata degna di un wrestler, ricevendo, come ringraziamento, un semplice cartellino amarillo. Rientriamo nello spogliatoio col morale giù per terra, nonostante siamo in vantaggio di un goal, ma è più forte il pensiero che potevamo essere tre a uno e con l’uomo in più. Ma così non è.

Non mi interessa il rigore sbagliato, la cosa più importante è superare l’errore e considerare la prossima azione quella più importante. Un calciatore inizia dalla testa, da quello che c’è dentro per l’esattezza, e noi nel primo tempo abbiamo dimostrato che la testa la abbiamo utilizzata bene, sia il succo chela scorza. Allorami aspetto una ripresa che prosegua sul questa linea. Ma ciò non accade. Tutta la serenità che avevo in panchina nei primi 45 minuti sparisce di colpo. Nella seconda metà di incontro vedo in campo gli stessi ragazzi. Ma non la stessa testa. Loro pareggiano a metà tempo su un rimpallo in cui l’arbitro sdogana nel calcio il colpo pallavolistico del bagher, ma noi comunque dimostriamo di essere capaci di poter vincerela partita. Manonla vinciamo. Ilperché è da ricercare dentro la nostra testa. Al concetto di squadra anteponiamo una forma sportiva di egoismo e presunzione. Tutti si sono sentiti nel diritto di risolvere la partita da soli in una ricerca ossessiva e snervante della giocata personale, denotando una dose di presunzione tecnica fuori dal normale. Vorrei far rivedere lorola partita. Ladifferenza tra il primo ed il secondo tempo. Nel primo quando in campo ho visto una squadra che giocava coralmente, mentre nel secondo ho semplicemente visto undici giocatori con la stessa maglia.

In fondo, la differenza di giocare “al” pallone e giocare “col” pallone, è racchiusa tutta qui, in una frase di Arsène Wenger: L’essenziale non è avere gli undici migliori ma il miglior undici”.


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